La parola non può servirsi che di altre lettere, o comunque di altri segni, per mettersi in maschera. E coś si trasforma, si cela, mistifica il suo significato spacciandosi per qualcos'altro agli occhi indiscreti di colui che non è in grado di toglierle la maschera. Per mascherare una parola sarebbe sufficiente anagrammarla (un "teatro" diventa coś un "attore" o un "ettaro" privo di ali: "attero"). Oppure, più semplicemente, basterebbe scrivere le sue lettere ćos cemo aainoopp elln' deinor aabcefilot (1). Questa operazione è denominata alfagramma e la si può fare automaticamente con un calcolatore. Ma non anticipiamo i tempi. La parola si è mascherata fin dal giorno stesso che è stata inventata. Da quando si è scoperta la possibilità di comunicare con dei segni si è pure intuito che altri sarebbero potuti venire indebitamente a conoscenza del nostro messaggio. E allora come fare? Crittografando o "cifrando", insomma, scrivendo in codice. La prima forma di comunicazione crittografica si è basata proprio su uno strumento, una "maschera" umana: si prendeva uno schiavo e gli si radeva a zero i capelli. Poi, con quel tanto di freddezza che ci si poteva permettere nei confronti di un essere inferiore gli si incideva sul cranio il messaggio. Qualche settimana di attesa e lo si poteva spedire al destinatario risparmiando pure il francobollo. Un metodo non certo veloce ma si sa, a quei tempi i tempi erano molto più lunghi. Gli spartani hanno poi inventato la "scitala": un bastone a sezione perfettamente circolare e dal diametro rigorosamente prestabilito. Gli si avvolgeva intorno una striscia di carta e su questa si scriveva il messaggio. Solamente un bastone esattamente uguale permetteva la lettura dello scritto. Questo sistema, hardware e software a parte, è quello che più assomiglia agli attuali sistemi di crittografia che non si affidano a una semplice "traduzione" del messaggio ma richiedono una "macchina" per la scrittura e un'altra per la lettura. (Evitiamo di aprire un inciso sulla moderna crittografia "a chiave pubblica" che, con lo stesso principio della scitala, si serve dei calcolatori). Nel frattempo, tra la scitala e la macchina Enigma che ha reso celebre Alan Turing, le forme di mascheramento delle parole sono cresciute con successive innovazioni che via via vanificavano i tentativi e le scoperte dei decrittatori. Giulio Cesare ha pensato bene di sostituire d rlqn ohzzhud od zhucd vhlahqzh qhoo rugnqh doidehznfr (2). Un sistema rudimentale, certo. Che potrebbe essere reso più sofisticato sostituendo, per esempio, pfoh mdusfqb ho oprlvlnod ehtobql bpm rtfimz ttdbfrthzz f nhml ifsudsz lm qnthahpmf obql bpm rtfimz qqfbfcfmud (3). Ma poi è arrivato Edgar Allan Poe che ha mescolato il tutto con la sostituzione casuale di simboli alle varie lettere. Con "Lo scarabeo d'oro" ha per di più aperto il filone dei racconti (e dei romanzi) in cui l'intreccio ha il solo fine di portare alla rivelazione della parola "smascherata". Nonostante la sua presunzione di "eccelso decrittatore", quella di Poe non è certo un'innovazione nel campo della crittografia. Dal medioevo in poi sono stati in tanti a cimentarsi con la sostituzione di una lettera con un qualsiasi segno. Nei modi più elementari o con tavole che inserivano in sequenza delle nuove variabili in funzione di una particolare chiave di lettura. Da Poe a Verne, da Conan Doyle a Ellery Queen il gusto letterario per la parola espressa ma reticente a comunicare appieno il proprio significato si è sempre più sviluppato staccandosi dalle mere finalità di "segretezza strategica, economica (e politica)" per avvicinarsi al brivido dell'enigma, alla scommessa sull'intelligenza, al gusto per lo stupore della laboriosa risoluzione, al comico dell'equivoco (un capolavoro: "Il nostro agente all'Avana" di Graham Greene). I sistemi descritti (sommariamente) finora sono costruiti con la "sostituzione" di simboli con altri simboli. Si può anche lasciare il messaggio in chiaro ed effettuare una "trasposizione" delle lettere in modo da renderne ostica la leggibilità. In questo (elementare) caso il messaggio è (4): |
A | N | U | U | S | O | T | T |
S | E | A | I | R | A | R | I |
P | C | A | T | E | P | O | R |
I | E | N | T | R | I | I | C |
R | A | L | E | A | N | T | S |
Questa gabbia di lettere fa venire alla mente un altro modo per celare "a vista" una parola, il sistema Dupin (ritorna Edgar Allan Poe): mettiamola in bella mostra nello schema di un cruciverba insieme alle altre parole incrociate. Quanto più è visibile tanto più potrebbe passare inosservata... Ebbene ś. La parola in maschera era partita con le più serie intenzioni che sono rimaste ai seriosissimi addetti ai lavori. Ma come ogni burbera maschera la possiamo godere appieno nel momento del carnevale dei sensi, del senso e del significato nella finzione. ______________________________________________ (1) coś come appaiono nell'ordine alfabetico. (2) a ogni lettera la terza seguente nell'ordine alfabetico. (3) ogni lettera in posizione dispari con quella successiva e ogni lettera in posizione pari con quella precedente. (4) scritto su una spirale antioaria e centripeta. (inedito) L'autore: Aldo Spinelli Aldo Spinelli vive a Milano. E' uno dei massimi esperti di codici e giochi di parole . |
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