rivista di letteratura in embrione

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Paolo Interdonato
Mempo
Note biografiche


MEMPO

racconto di

Paolo Interdonato


Osservando con attenzione la propria immagine riflessa dallo specchio, Diego Gottero decise che aveva abbondanti margini di miglioramento. L'eufemismo non gli rendeva giustizia: al viso non bello, gia' solitamente scavato da una magrezza malata, erano state recentemente apportate alcune sostanziali modifiche.
Il naso, gonfio e storto, era ricoperto da un cerotto enorme. Attorno al medicamento prendeva vita un'ecchimosi nera che si estendeva fino a cerchiargli entrambi gli occhi. Il livido sfumava verso il giallo man mano che si allontanava dall'epicentro della palese catastrofe abbattutasi su quella faccia.
L'aver tentato, infine, di dormire sul sedile non reclinabile di un vecchio due cavalli aveva inferto il colpo di grazia alla fisiognomica di quel corpo.
Diego, in un impeto di masochismo, si tasto' il cerotto. La risposta alla sua avventata dabbenaggine non di fece aspettare. Una mostruosa fitta di dolore gli esplose in mezzo al viso. Mentre attendeva che quell'inferno pulsante si sedasse tento', un'altra volta, di recuperare una parvenza di logica nella sequenza degli eventi che lo avevano ridotto in quello stato.
La sera precedente, prima di tornare a casa, si era fermato al baretto per la consuetudine dell'aperitivo. Era martedi' e Monica aveva jujitsu.
Non aveva alcuna fretta. Gli sarebbero spettati onori e oneri dei fornelli. Sei piani con l'ascensore guasto e frammenti di arachidi negli interstizi dentali avrebbero dovuto renderlo sospettoso: una qualche divinita', un nume tutelare o un folletto, voleva probabilmente metterlo in guardia.
Eppure Diego non aveva percepito nulla di strano neanche quando, col fiatone e le orecchie ronzanti, non era riuscito a introdurre la chiave nella serratura.
Due secchi scatti metallici e qualcuno aveva spalancato la porta dall'interno.
Monica era in casa e tentava di occupare col suo metro e cinquanta l'ingresso.
"Ciao amore, come mai sei a casa?", aveva chiesto Diego. Poi, vedendo che gli occhi della ragazza erano gonfi e rossi, aveva aggiunto con voce carica di preoccupazione "Cos'e' successo?!"
Monica aveva inspirato e poi, con un'unica calma emissione di fiato, aveva detto "So che mi tradisci con Stefania Lupi."
La sentenza nella sua semplicita' e veridicita' aveva fatto molto male a Diego. Non quanto il successivo diretto destro.
Si era svegliato venti minuti dopo sulla poltrona del tinello di un comprensivo vicino. Medicazioni e ringraziamenti avevano concluso la serata.

Era ferma convinzione di Diego Gottero che lo spettacolo dovesse andare avanti. A tale proposito quella mattina si presento' presso gli studi in cui tale Wally Evans, un colossale pataccaro della cinematografia patria, stava realizzando la sua opera seconda "Gli astronauti ninja contro la barbara invasione delle amazzoni marziane". Il ragazzo interpretava uno degli astronauti, diventati ninja - per inciso - dopo il ritrovamento di talune casse piene di costumi carnascialeschi.
"Cobe faggio god guesda faggia?" biascico' Diego nel tentativo di porre una domanda a Gianni, astronauta ninja a sua volta e responsabile dei costumi.
"Mettiti questa." rispose lo pseudo costumista lanciandogli una maschera giapponese. Diego si attardo' in un'accurata indagine del grottesco sorriso nipponico che faceva capolino dal viso di plastica. Poi, senza tergiversare oltre, si mise maschera ed elmo e usci' dallo spogliatoio.
Tutti gli astronauti ninja stavano tentando approcci con le amazzoni marziane. Tra le fanciulle, tutte piu' o meno discinte, spiccava - per bellezza e prosperita' - Stefania Lupi, eppure nessuno degli attori le si avvicinava.
Wally Evans, il sedicente regista, si alzo' dalla sedia su cui qualcuno (probabilmente lui stesso) aveva scritto con un grosso pennarello indelebile DIRECTOR e, col suo passo dinoccolato, piombo' tra gli attori.
Conto' dapprima le amazzoni e poi i ninja e sentenzio': "Giriamo la scena del combattimento con le pistole laser!". Poi, rivolto all'addetto ai costumi "Gianni! Quanti phon ci sono?"
L'astronauta ninja interpellato, dopo una veloce ispezione dello scatolone delle attrezzature, sollevo' una mano aperta col pollice ripiegato.
Il regista diede velocemente gli ordini alla troupe: "Dai! Veloci! Mi servono due ninja e due amazzoni! Enzo, Piero, Anna e Carla prendete i phon! Un'amazzone rimane ferita e i ninja muoiono! Ciak! Si Gira!"
Durante la ripresa Stefania inizio' a guardarsi attorno. Diego capi' immediatamente che stava cercando lui e decise di farle uno scherzo. Si mosse lentamente verso di lei pronto ad arrivarle alle spalle.
Stefania, intanto, continuando a gettare sguardi attenti in ogni direzione si era avvicinata a Evans.
Diego era ormai pronto ad affondare la punta dei propri indici nei piacevoli fianchi femminili, quando si accorse che una mano del regista si era adagiata su un gluteo nudo della ragazza.
Stefania prese tra l'indice e il pollice della mano sinistra il chewing gum che le riempiva la bocca e appiccico' le proprie umide labbra carnose a quelle incorniciate da barba e baffi di Evans.
Mentre i due si scambiavano un bacio interminabile, Diego senti' una incontenibile esplosione di rabbia in se'. Il naso inizio' a pulsargli dolorosamente a ritmo con la crescente urgenza di gridare. Fu allora che si accorse di avere al proprio fianco la katana.

Lo fermarono dopo il sesto fendente. Lo immobilizzarono e gli strapparono dalle mani lo spadone di plastica.

(inedito)
L'autore: Paolo Interdonato

Paolo Interdonato nasce a Monza nel 1968. Dopo una (dimenticabile) carriera scolastica diviene, per limiti intellettuali e vocazione, operaio del software.

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