"Dietro quella maschera c'è un uomo" Renato Zero L'icona del travestito, centrale nell'immaginario filmico degli anni '70 con una gamma ampissima di sfumature e contestualizzazioni, era stata decisamente rimossa nelle pellicole del decennio seguente, certamente più impegnato nella celebrazione di altre figure retoriche della cultura collettiva. Gli ultimi tre anni hanno visto un massiccio ritorno di drag queen sugli schermi protagoniste delle storie più diverse, ma spesso con tratti analoghi. Centrale in questo processo é stato Priscilla la regina del deserto di Stephen Elliott del 1994 in cui il redivivo Terence Stamp guidava un indiavolato gruppo di girls per i polverosi percorsi del deserto australiano. Grazie al successo, in gran parte imprevisto, di questa pellicola (di cui é già stato realizzato il remake hollywoodiano, A Wong Foo, con il "duro" Patrick Swayze nel cast) hanno trovato possibilità di realizzazione o distribuzione innumerevoli variazioni sul tema che coinvolgono regisi e cinematografie assolutamente distanti tra loro. Sul fronte delle Majors statunitensi assume valore simbolico Birdcage, rifacimento de Il vizietto, firmato da Mike Nichols, regista simbolo della liberazione sessuale sessantottina con film come Conoscenza carnale, che in un momento di pesante ritorno ai valori bigotti del familismo USA sbandierati dal senatore conservatore Newt Gingrich, affida ad una star del calibro di Robin Williams il compito di far rivivere i fasti della scena drag di Miami in un'ottica decisamente liberal. Sempre dagli Stati uniti, ma da aree di produzione indipendente, arrivano film come Wigstock, dedicato alla competizione per travestiti che si svolge annualmente a New York dal 1985 (e di cui fornisce puntuali cronache per l'Italia la rivista Envelope) e Stonewall di Nigel Willis, commossa rivisitazione della rivolta gay del 1969 raccontata come un musical politico, con disinvolto ricorso al repertoriodei gruppi corali Motown (Shirelles, Supremes) per narrare i soprusi della polizia e le motivazioni collettive e personali della ribellione. Il cinema italiano si é allineato con tempismo a questa linea tematica anche se privilegiando una chiave esclusivamente comica ed il filone é stato piacevolmente inaugurato nel 1994 da Belle al Bar di Sandro Benvenuti. A questo ha fatto seguito nel 1995 Uomini Uomini Uomini di Christian De Sica, su cui aleggia una tristissima aria da scherzo parrocchiale, mentre sfilano in bell'ordine tutti i luoghi comuni da rotocalco sulla condizione gay. Nell'anno cinematografico in corso sono da segnalare almeno due film: Come mi vuoi con Enrico Lo Verso e Urbano Barberini e Papà dice messa di Renato Pozzetto con il "calcistico" Teo Teocoli nel ruolo del travestito Zobeide. Oltre a questi si potrebbero fare infiniti altri esempi di ricorso al travestimento nel cinema attuale tra generi i film d'autore, ma se una catalogazione completa esula dallo scopo della presente noterella, si possono almeno tracciare alcune linee per l'interretazione di temi comuni. Il travestito é simbolo per antonomasia di un periodo di transizione e di crisi quale quello che stiamo attraversando a metà tra due secoli e tra molteplici stimoli culturali di tendenza spesso opposta. Qusta figura della modernità assume perciò l'effetto di uno specchio in cui si riflettono tensioni e ansie della creazione artistica. I drag istituiscono e richiedono il "beneficio del dubbio", una riflessione sulla labilità della propria esistenza che non ammette pretese di identità assoluta. In questo senso l'onda di lustrini e paillettes sollevata dal cinema recente propone con leggerezza una serie di implicazioni su cui é necessario riflettere. (inedito) L'autore: Luca Scarlini Luca Scarlini è nato a Firenze nel 1966. Critico teatrale, si occupa di drammaturgia contemporanea. Ha realizzato due Millelire sul Beat, una riedizione del “Malatesta” di Henry de Montherbant, ha tradotto “Medea” di Robinson Jeffers e ha dato vita alla “Mondi Immondi Production”. Con Fulvio Paloscia ha pubblicato “Star Trash” (Castelvecchi, Roma 1995). |
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