Accucciate, non abbiamo colore. Di notte, il vento ci traversa come garza dipinta e non trova ossa ne’ cuore: solo un vuoto guarnito d’azzurro.Anelli dorati intorno alle dita. Urla sui muri, un pensiero sbrecciato, una canzone di guerra, un fazzoletto, un uomo che piange, un politico, il silenzio impacciato di una morte imminente.La fame ha un colore che è quello del sangue e della vita che se ne va. Il bianco si tinge al tramonto. L’acqua assorbe le tinte e le annega. E dopo, lascia un posto vuoto e una fotografia dove dovrebbe esserci una persona. Ecco. Mentre la notte si prepara, le sorelle sciacallo cominciano ad esistere. Occhitondi si tira fuori dalla tinozza, lucido come una biglia cerata. “‘Fanculo” dice e poi: “se mi ricordo come si fa te lo racconto ma tanto lo so che non lo impari brutta testa di legno che non sei altro e chi se ne fotte se non impari tanto io non ci sarò domani a insegnartelo di nuovo”. Finisce il fiato e con quello il discorso. Io e Lulù restiamo incollate nella vasca dell’acqua stagnante e ridacchiamo piano perché sappiamo che Occhitondi sta parlando con Tess che è grande e grossa e scema come una vongola ma molto molto più ingombrante. Ha labbra sottili che le tagliano la faccia da un orecchio all’altro e non l’ho mai vista arrabbiarsi e così penso che non se la prenda mai ma proprio mai perché non capisce quello che fa e neanche quello che sente. Sorride scoprendo i denti, se li liscia con una spatolina appuntita e poi li ricopre ordinata senza dire come al solito neanche una parola a piacere. Io sono Lilli. Quando non siamo nel mare viviamo qua in cima mascherati da persone e nessuno ci trova perché nessuno ci viene nella Città Bombardata. Anche dopo che hanno buttato giù il muro, i turisti sono rimasti nella parte civile, a guardarsi i musei e le gallerie e i grandi magazzini, i negozi, i bar, i sexy shop e le fumerie e tutte quelle altre stronzate che ai turisti piacciono tanto. Ma qui, nella Città Bombardata, non ci vengono, nossignore e ci abitiamo noi, quelli come noi, dentro gli stabili sbudellati dove ci si nasconde bene e tutti ci lasciano in pace perché hanno già da pensare ai fatti loro. E siccome la gente normale non ti vuole vedere come sei, noi quando usciamo ci vestiamo da persone e con la maschera addosso andiamo a caccia. Lulù sta con me nella stessa vasca, una bagnarola scrostata che stava già qua nella casa da prima sicché non abbiamo dovuto portarcela dentro a fatica da un altro posto per poterci vivere dentro. Perde un po’ ma poco e riesce a tenere l’acqua per tutte e due, Lulù e me, cioè. Si sta strette, una scatola di sardine del mare del Nord, ma non è che c’è un’altra soluzione perché siamo gemelle siamesi e abbiamo due gambe e due braccia in due e un fegato, due cuori, due teste, un polmone in comproprietà e un sesso indistinto.Così va il mondo e noi, dopotutto, non ci troviamo male. E comunque, se pure sembriamo persone, persone un po’ brutte e strane e sfortunate e la natura con noi è stata matrigna ecc ecc, be’, noi non lo siamo e dobbiamo stare nell’acqua perché sennò dopo tante ore fuori ci si spacca la pelle e manca l’aria e diventiamo blu e verdi e più brutti di quello che siamo e muoriamo. E via. Le maschere non proteggono noi ma gli altri. Così è. Fino ad un certo punto, però. Invece, dentro l’acqua, noi siamo vivi. C’è Occhitondi, nella tinozza di legno vecchio, di quelle che si usavano una volta per far maturare il vino. Magari è per questo che lui ragiona sempre come se fosse sbronzo con le parolacce e le cattiverie e tutto e non ne dice due giuste in fila e a volte neanche riesce a concluderne una, una frase sola senza ficcarci dentro qianche cosa senza senso, un progetto non finito, un ragionamento che raspa come carta vetrata. Occhitondi è il capo perché siamo sicuri che lui è il più intelligente, anche se non sappiamo bene come abbiamo fatto a capirlo perché da quando siamo venuti dal mare lui non ha fatto altro che starsene sott’acqua nella tinozza e uscire ogni tanto per lucidarsi le zanne e per dire cattiverie a Tess che non se la prende e si mette il rossetto sulle labbra sottili per farle sembrare più sexy e carnose. Un bel tipo, Tess. Ottantasette chili infilatii a fatica in un bidone arrugginito, enorme ma troppo basso, con l’acqua che le arriva intorno alla grande pancia morbida, si infila nell’ombelico profondo e ci si perde, rimossa di tanto in tanto dalle mani grande e placide. Tess parla poco, ha un appetito inesauribile e due belle file di denti per soddisfarlo, è gentile, è stupida, lo dicevo già prima, e ci obbedisce. Obbedisce a tutti, me compresa, con mia sorella Lulù. Ah, già, c'è anche che Tess è innamorata di Raoul. A dire la verità Raoul è proprio una bellezza, con quei capelli neri da zingaro e gli occhi verdi che sembrano di vetro trasparente e le donne ci leggono dentro amore e passione e dedizione e una promessa di fedeltà amore matrimonio figli calzini sporchi da lavare per il resto della vita e notti di sesso in quantità. Lui non ha mai problemi nella caccia, con la sua maschera da cavaliere nero con lo sguardo ipnotico. Sceglie e prende, come al supermercato. Per noi, certe volte, è più difficile. Adesso è ora, è quasi tempo della nuova caccia. "Olà gitano" fa Occhitondi, arrotolando le ciglia sotto rughe sottili che gli disegnano una faccia da fumetto. "Mettiti in ghingheri che si va". Siamo tutti eccitati perché la caccia comincia. Occhitondi scivola fuori dalla tinozza col movimento lento e fluido di una foca. L'acqua si disfa in rivoli sottili disegnando una mappa sulla pelle scura, liscia e levigata proprio come quella di un ragazzo giovane. Il respiro dimentica subito il mare. Le branchie rimarranno sigillate per un po'. Per tutti noi c'è un tempo di aria e di terra e anche questa volta è arrivato. E i vestiti della caccia sono pronti. Si passa le mani sulla testa, Occhitondi, e i capelli diritti si flettono come setole per tornare su subito bastardi e irriverenti come lui. "Ehi, capo" sibiliamo in coro io e Lulù. "Non dovresti farti vedere così da una signora". Nudo e lucido, lui continua imperterrito ad appuntarsi addosso pezzi di ferraglia come per esempio sei orecchini per orecchio un anellino sottile al naso con una catena che pende e si aggancia al lobo destro e poi due cerchi d'oro ai capezzoli e sette bracciali di metallo sbalzato, due di pelle nera con le borchie, un tirapugni, una cintura con cinque fibbie e un chiodo che è la nostra invidia, quella, di tutti. E' la maschera cattiva, questa, e funziona come una trappola per i topi coglioni. Raoul si veste da attore di piazza con la camicia leggera e volante i pantaloni aderenti sulle coscie coi muscoli che si vedono tutti oh dio che libidine e i capelli gitani all'indietro, una lacrima di pulcinella disegnata sulla guancia destra, le labbra chiuse col sorriso dentato. Poi esce e va, con noi tutti dietro, Tess dentro il suo abito indiano, io e Lulù nel mantello da Mago Merlino che ci copre appena, due amanti dentro lo stesso letto. E poi Occhitondi, sferragliante e diabolico, con addosso il sapore del vino e del mare. Sembriamo persone, proprio persone un po' strane, sissignore e nessuno si accorge e vede e sa la differenza. Come i mostri di un circo, i prodotti imperfetti di un cambiamento mai finito del tutto: carne da esseri umani intorno a un'anima di pesce, facce di uomini e donne, corpi di persone come tutte le altre e però diversi perché innamorati dell'acqua, del mare, del posto in cui siamo nati e di cui, come gli squali bianchi e le murene e le orche e i pirana, non sappiamo e non vogliamo fare a meno. La gente normale tante volte è così come se gli si fosse addormentato il cervello e non lo sapesse perché nessuno li ha avvertiti. E pazienza. Come sempre Raoul è il primo: quando noi non abbiamo neanche cominciato lui è già dentro al furgone con la signora turista ammucchiata nel vetro, gli occhi chiusi nel sonno e gli occhiali da sole sbilenchi sulla faccia grigiastra. Occhitondi arriva con noi, con me e Lulù cioè, che trasciniamo il vecchio professore in trasferta per i piedi, addormentato anche lui, con sogni variopinti e imprevisti nel cervello. Tess si morde le labbra coi denti appuntiti mentresi porta in braccio la ragazza rotondetta e troppo truccata, con la testa rovesciata all'indietro e un grande livido scuro sulla tempia destra. Addormentata, anche lei. L'ultima preda. Si è mangiata tutto il rossetto, Tess, e ha disfatto la sua maschera di caccia, sicchè adesso è lei, solo lei, ossa ciccia e il resto; è ingorda e non ce la fa più ad aspettare ma dovrà farlo comunque finché non saremo arrivati a casa, alla nostra casa nera. La strada si srotola senza che la vediamo neanche. Occhitondi racconta barzellette sporche e si scola una bottiglia di tequila come fosse acqua di fonte. Acqua del mare, quella che ci manca e che ci aspetta, sulla costa dentata del nostro lato del Mediterraneo. Sugli scogli, nella luce dell'alba, sembra che Tess salti dentro il mare con la ragazza in braccio, scivolando direttamente fuori dal vestito, e noi le andiamo dietro incontro alle braccia fredde trasparenti che ci aspettano noi e la nostra preda. Scende Raoul, con la signora turista, bocca chiusa che si spalanca alla carezza dell'acqua. Occhitondi ivece nuota in superficie portandosi dietro il professore. Lo coccola un po' mentre quello si sveglia, con la testa fuori, e guarda spaesato al di là dello schermo trasparente dell'acqua, dove Raoul scopre i denti appuntiti, sorriso di squalo affamato. Il professore capisce o no, che differenza fa, io e Lulù gli arriviamo insieme sotto i piedi con artigli gemelli e zanne pronte. Un silenzio profondo e salato gli si avvolge in gola, al professore, mentre agita l'ultima volta le braccia verso la spiaggia lontana e sottile e dentata. (inedito) L'autore: Nicoletta Vallorani Nicoletta Vallorani è nata nel 1959 a San Benedetto del Tronto e vive a Milano. Nel 1992 ha vinto il premio Mondadori-Urania con "Il cuore finto di DR". Ha pubblicato i romanzi "Dentro la notte e ciao" (Granata Press, Bologna '95) e "La fidanzata di Zorro" (Marcos & Marcos, Milano '96). |
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